Tra i fotografi che usano pellicole Polaroid il più famoso è Maurizio Galimberti, cosa che una volta tanto ci rende orgogliosi di essere italiani. I suoi ritratti sono davvero straordinari e, se non li conoscete ancora, potete ammirarli sul suo sito.

Chiariamolo subito: per fare le foto come Galimberti non bastano dei semplici strumenti ma occorono studio, intelligenza, creatività, sensibilità. E inoltre c’è da dire che un’artista dovrebbe comunque cercare una propria strada. Proprio per questo lo stesso Maurizio Galimberti non ha alcun problema a mostrare il suo metodo di lavoro. In realtà Galimberti lavora con tantissime tecniche, ma quella probabilmente più nota è quella dei “mosaici” Polaroid.<--break->La macchina utilizzata è una Polaroid di tipo Image (detta anche Spectra). Ne esistono di diversi modelli più o meno complessi. Per questo esperimento io ho usato una Polaroid Image 2, ovvero uno dei modelli più scarsi della linea Image. Galimberti credo che utilizzi una Image Pro. Le pellicole sono le classiche Image 1200 o 990. L’elemento fondamentale della tecnica di Galimberti non è tanto il modello di fotocamera, quanto l’accessorio Close-up Stand Duplicator.

Di questo Polaroid Close-up Stand Duplicator, commercializzato anche come Polaroid Jewelry Pro oppure The Collector, ne posseggo due versioni. Quella originale è la versione grigia, la seconda versione è bianca. Ultimamente ne ho vista in giro anche una versione di colore grigio chiaro.

Tale accessorio è nato per consentire la duplicazione di foto e per la catalogazione di piccoli oggetti come monete e francobolli, ed è disponibile solo per le macchine fotografiche Polaroid tipo Image, Spectra, Onyx. Le due versioni sono quasi identiche. Sono delle grosse scatole di plastica con una lente close up integrata.

Ambedue le versioni hanno una staffa di platica grigia che va appoggiata a un lato del duplicatore.

La macchina fotografica va “incastrata”nella scatola e deve essere avvitata alla staffa.

Per l’utilizzo originale, si appoggia il lato aperto della scatola sulla foto o sull’oggetto da fotografare. Si può aprire lo sportellino laterale per centrare perfettamente il soggetto e lo si richiude prima di scattare la foto.

Se però vi interessa il duplicatore per realizzare i mosaici alla Galimberti dovrete semplicemente appoggiare lo Stand sulla parte di volto da fotografare.

I miei primi esperimenti “Galimbertiani” li ho fatti con il Polaroid Close-up Stand duplicator grigio, e i risultati sono stati deludenti. Le ombre risultavano troppo nette. Così osservando i video di Galimberti al lavoro ho notato che il suo duplicator è bianco! Quindi ho acquistato da Ebay un altro Close-up Stand etichettato come “Jewelry Pro II” di colore bianco, naturalmente. Confrontando le due versioni ho notato che, anche se esternamente a parte il colore sembrano identiche, all’interno la versione grigia presenta un paio di specchi, mentre la versione bianca no.

Dato che la versione bianca sembra piuttosto rara molti mi hanno chiesto maggiori dettagli su questa versione in modo da cercare di modificare il modello grigio. Per questo ecco altre foto per evidenziare le differenze tra le due varianti.

Nella versione bianca, nella parte sinistra, al posto dello specchio c’è una striscia di plastica bianca curva.

Anche nella parte destra c’è plastica liscia bianca al posto di uno specchio.

Nell’apertura per il flash in ambedue c’è uno specchio ma nella versione bianca questo sembra più una pellicola adesiva ed è giallino probabilmente a causa dell’invecchiamento.

La presenza degli specchi rende la versione grgia più adatta alla duplicazione di foto e per la tecnica del readymade, mentre la versione bianca è perfetta per fotografare dettagli del volto. Da quello che mi è sembrato di capire da alcune interviste di Galimberti le modifiche sono state consigliate dallo stesso Galimberti agli ingegneri della Polaroid.

Qui potete vedere a sinistra lo scatto effettuato con la versione grigia, e a destra quello con la versione bianca.

Come potete osservare, il duplicatore grigio crea delle ombre nettissime mentre con quello bianco le ombre sul volto risultano molto più morbide.

Quindi se questo accessorio lo volete usare per i ritratti Galimbertiani dovete cercare l’edizione bianca (che mi sembra più rara però), se invece volete usarlo come duplicatore di foto e per il readymade è più adatta la versione grigia. Avevo scoperto queste cose a mie spese acquistando le due versioni, ma ultimamente ne ho avuto conferma da questo video di Galimberti che lo svela direttamente.

Questo è il mio tentativo di opera stile “Galimberti”. Naturalmente non vuole essere un’opera d’arte ma un semplice esperimento tecnico. Le foto più scure sono realizzate con il duplicatore grigio e abbassando l’impostazione di luminosità della macchina per ridurre l’effetto “ombra netta”.