Trattando di toy camera, è impossibile non tornare a parlare continuamente del sito http://www.lomography.com/, dato che probabilmente la Lomograohic Society è la maggiore divulgatrice della filosofia delle Toycamera. Io stesso, senza quel sito, forse non avrei mai scoperto la bellezza della fotografia analogica. Certo la fotografia digitale ha i suoi indubbi vantaggi, ma dopo un po’ ci si accorge che le macchine digitali (ma anche le reflex analogiche) tendono tutte a somigliarsi…..mancano di carattere.

Le Toycamera, per quanto costruttivamente di scarsa qualità, hanno un loro carattere. Le foto scattate da una Holga saranno sempre distinguibili da quelle scattate con una Diana, o una Lubitel. Una volta poi che si è provata la pellicola medio formato, si scopre come, con una vecchia macchina di plastica pagata 10 euro, si ottengono dettagli maggiori di quelli ottenibili con la reflex digitale costata 600 euro!




Con questo non voglio dire che le reflex digitali siano inutili. Io stesso utilizzo la mia Nikon D50 ogni qualvolta voglio avere un controllo preciso su quello che sto scattando: l’esposizione e soprattutto l’inquadratura caratteristica delle reflex. Ma se voglio semplicemente tuffarmi in una seduta fotografica, lasciando che il caso prenda il sopravvento, o magari…..la magia…..allora imbraccio una delle mie camere medio formato, e cerco di non pensare a niente.

Finita questa introduzione, torniamo alla Lomographic Society. Tale società si basa principalmente sulla diffusione di 2 macchine: la Lomo LCA (che costa parecchio per via dell’esposimetro automatico di cui è dotata), e la Holga. Quest’ultima costa 70 euro sul sito della Lomographic. Su Ebay ne trovate nuove (senza il bellissimo packaging e il libro della Lomographic) che costano circa la metà, ma attenzione: provengono da Hong Kong, quindi rischiate di pagare parecchi soldi per i dazi doganali. Io ne ho acquistata una usata dall’Irlanda (comunità europea……quindi niente dazi: W LA UE).

Ne esistono varie versioni, distinguibili da dei codici. Tutte iniziano con 120 che indica il formato della pellicola, seguito da varie lettere: G indica i modelli con lente in vetro (più interessante quella di plastica comunque), F indica la presenza del flash, C indica la presenza di filtri colorati per il flash, N indica la presenza dell’esposizione Bulb e dell’aggancio per il treppiede (due caratteristiche che nei vecchi esemplari mancavano).

Quella che ho preso io è la 120N, ovvero lente in plastica e niente flash incorporato. Non amo molto il flash, non lo uso praticamente mai, quindi ho preferito risparmiare qualche euro. Incluso c’era un rullino della fujifilm (ottimo).

 

La macchina, com’era prevedibile, è assolutamente plasticosa. Non aspettatevi quindi una sensazione di solidità. Per aprire il retro si devono abbassare queste due alette metalliche laterali, alle quali si potrebbe agganciare il laccio per poter appendere la macchina al collo, ma correreste il rischio di sganciare inavvertitamente il retro, o peggio, di far cadere la macchina per terra!

L’interno fa un po’ impressione perché sono visibili i primitivi meccanismi dell’otturatore! Devo ammettere che credevo di aver ricevuto una camera rotta, invece è proprio così!

Le pellicole utilizzate sono di medio formato 120 (presto , per i novizi, un post su come si caricano i rullini da 120).

Holga permette di scattare le foto in due formati: uno rettangolare (lasciatelo perdere) per il quale è necesario un’apposita mascherina interna, e il più amato formato quadrato 6×6. La mia macchina non ha nemmeno la maschera per il formato rettangolare, ma non me ne importa niente, dato che voglio scattare solo foto quadrate. Scattando nel formato 6×6 dovrete spostare la “freccia” sul retro sul numero 12, ovvero il numero di pose realizzabili con un normale rullo 120. Altrimenti dovete specificare “16”.

Prima di scattare state attenti ad alcune cose. Ruotando l’obiettivo (obiettivo si fa per dire, naturalmente), selezionate ad occhio la distanza del soggetto principale della vostra inquadratura. Per quel che riguarda la levetta posta sulla parte superiore dell’obbiettivo, che in teoria dovrebbe servire a selezionare la condizione di luce “sole”(f11) o “nuvoloso”(f8), potete tranquillamente ignorarla, in quanto questa opzione è totalmente inutile. Provate a a immortalare un soggetto con le due diverse opzioni, e vedrete che il risultato è identico.

Infine nella parte inferiore potete selezionare la posa B (Bulb), ovvero otturatore aperto fintanto che premete sul tasto di scatto, da usare quando le condizioni di luce sono molto basse, altrimenti usate la posa N (normale).


Dopo aver scattato la foto, ricordatevi che qui non c’è nessun avanzamento automatico della pellicola, quindi dovrete voi manualmente girare l’apposita rotella superiore, fino a quando nella finestra rossa, appare il successivo numero. Le prime volte sarà normale dimenticare di avvolgere la pellicola, e quindi vi ritroverete con una doppia esposizione, ovvero due pose sovrapposte sullo stesso fotogramma. E il bello sarà scoprire che a volte, un errore del genere, vi farà realizzare delle immagini che non avreste mai architettato coscientemente. Magia delle toycameras.
Un’altra nota: è consigliabile coprire la finestrella rossa con del nastro isolante nero, per evitare infiltrazioni di luce quando c’è troppo sole. Tra l’altro a seconda degli esemplari potreste avere infiltrazioni di luce anche da altri punti della scocca. Le infiltrazioni risulteranno in striature rosse sulle fotografie. Alcuni le amano, altri avvolgono completamente la macchina con nastro isolante nero per evitarle. Il mio esemplare mi è sembrato abbastanza immune da questo fenomeno……..peccato.




Pellicola Fujifilm Superia 100 (sviluppo professionale).


Pellicola Kodak Tmax 400 (sviluppo casalingo mio).

Questo è il risultato di una involontaria doppia esposizione.


Le foto scattate mostrano alcune caratteristche fondamentali di queste lenti in plastica: la meravigliosa vignettatura, la sfocatura sui bordi, e la distorsione dell’immagine. L’effetto finale da molti viene definito “onirico”.

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